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OLTRE IL VALICO

tarassaco, fiore

Corrispondenze di Natura

China per terra l’ho dipinto. E’ il tuo volto che ho disegnato.

Rossa la terra che fa la tua bocca cavernosa, rocce imbrunite di ossido di ferro la tua pelle. Foglie polpose sono le mani che un maggiore calore fa scorrere ancora più giù. Il naso lambisce o pascola dalle ciglia alle creste dei tuoi zigomi. E' una goccia densa e indugiante, più piccola e curiosa.
Le direzioni verso cui i tuoi occhi scorrono sono tante e un orizzonte maggiore li avrebbe fatti scorrere ancora più lontano. E’ una Primavera.
Non conosco nulla di più purgativo che fare indigestione dei monti fogliacei del tuo addome, sono come i residui di una tempesta. Mostrano che la Natura è tutto fuoco internamente. Un respiro di vulcano scioglie massa silicea di roccia e la stende in più splendenti forme di terra.

Nella materia organica c’è la tua fibra carnosa.

Chissà in quali capricci si espanderebbe se si trovasse sotto un cielo più adatto. Nervature di foglie le vene, licheni le orecchie. I lobi carnosi viburni.
E così pare che il tuo inguine illustri tutte le operazioni possibili della Natura. E' vero c’è qualcosa di gelido nel suo carattere, e non c’è fine negli ammassi delle sue viscere ma ciò almeno mostra che la Natura ha viscere. E’ un gelo che tracima dal suolo e precede la Primavera verde e fiorita. Mi convince di questo desiderio che stende ovunque le dita.

Nuovi vizi nascono dalla Terra. Nulla di innaturale.

Quando il sole tramonta la tua lingua cessa di fluire. I ruscelli della saliva riprenderanno a scorrere in miriadi di altri al mattino. Da qui forse si può comprendere come si siano formati i tuoi umori.
E se si osserva attentamente si può vedere come esce dapprima un ruscello di argille sfiancate. Toglie seta alla terra. Poi un polpastrello di dita, con punta simile a goccia, tenta la sua via lentamente più in basso.
E quando calura e umidità sono cresciute, a mano a mano che il sole sale, il fluido dentro di te cede per istinto bestiale la parte più inerte. Forma all’interno un’arteria in cui scorre un ruscelletto argenteo e vizioso di vita.
Lo sgelo esce allora dal suolo, come quadrupede che dorme nella sua tana, e emigra da ogni collina, pianura e depressione della tua fibra carnosa.
E dà tenerezza inestimabile e delicata fragilità alla maestosa bellezza della vegetazione avvizzita. Iperico, verbasco, filipendula, come se fino ad allora non fossero maturati, scomparso timore e rispetto, sfidano l’umanità a zittirli.

Corrispondenze naturali per fare della Natura una foresta di simboli.